di Mark Lilla
Quando la Germania era nel vortice di quelli che oggi chiamiamo 'gli anni Sessanta', i commentatori conservatori coniarono un termine antipatico per descrivere l’antipatico radicalismo dell’epoca: verspätete Widerstand. Significa 'resistenza tardiva'. Dietro c’era la convinzione che i giovani tedeschi che rapivano gli amministratori delegati, lanciavano bombe e picchiavano i poliziotti stessero inconsapevolmente mettendo in scena il dramma di quella resistenza al nazismo che non c’era stata negli anni Trenta. Nella politica vedevano una specie di pantomima nella quale i pubblici ufficiali erano fascisti, gli uomini d’affari erano collaborazionisti, le scuole erano carceri, i soldati erano assassini e i genitori erano la polizia segreta. Non riuscivano a vedere che la Germania era diventata una sana democrazia liberale, un pilastro dell’Occidente. In realtà, non erano granché interessati al presente. Quello che li eccitava era la possibilità di rimettere in scena la storia vergognosa della Germania moderna, scritturando se stessi nel ruolo dei protagonisti di un rifacimento cinematografico nel quale avrebbero redento la patria. La resistenza tardiva contribuisce di gran lunga a spiegare le dinamiche psicologiche di quella generazione europea. Sembrava che accettare la pace e la prosperità della nuova Europa significasse dimenticare la realtà del fascismo e del genocidio del passato, seppellirlo. La rabbia per quell’enorme rimozione si manifestò negli anni Sessanta con il disprezzo della sinistra studentesca per la democrazia liberale occidentale, e con un’esaltazione romantica delle tirannie del Terzo Mondo. Molti dei giovani di quelle affascinanti fotografie di dimostrazioni di piazza a Parigi e Berlino, che gridavano «Ho, Ho, Ho Chi Minh», indossando magliette di Che Guevara e brandendo il Libretto Rosso di Mao Zedong, intendevano dire proprio quello che scandivano: che avrebbero preferito Ho, Che o Mao ai loro leader democraticamente eletti. Solo verso la fine degli anni Settanta, dopo che i boat people cambogiani e vietnamiti raccontarono storie di massacri, si ebbe una crisi di coscienza. Ora si parlava dei diritti universali dell’uomo e della necessità di difenderli, possibilmente con le rivoluzioni di velluto, ma se necessario con le forze armate internazionali. Negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta quell’ideale ha dato esiti positivi. I governi europei occidentali scelsero timidamente di non schierarsi pubblicamente a fianco dei movimenti anticomunisti nell’Europa dell’Est, per paura di far arrabbiare l’Urss, ma i sessantottini sostennero apertamente le proteste in Polonia e in Cecoslovacchia. Quando scoppiò la guerra dei Balcani, invocarono l’intervento. Ma anche quella era resistenza tardiva. I sessantottini facevano resistenza alle loro stesse gioventù, ai capelloni ingenui che inneggiavano al Che e sbeffeggiavano i soldati, senza chiedersi per cosa stessero combattendo. Oggi le questioni più gravi che l’Europa deve fronteggiare – immigrazione e terrorismo – hanno poco o nulla a che fare con gli schiamazzi di un tempo. I Paesi europei si trovano a ospitare milioni di nuovi immigrati, in prevalenza musulmani, e non riescono a integrare loro o i loro figli nella società. Si tratta di una situazione senza precedenti nella politica europea moderna. E se mai c’è stato bisogno di un pensiero fresco, è oggi. Eppure ancora una volta la generazione del Sessantotto si è arenata nel passato, in più di un passato. Negli ultimi tre decenni la sinistra europea ha guardato al problema dell’immigrazione esclusivamente attraverso le lenti dell’antisemitismo e del colonialismo del passato. L’immigrazione andava accolta come un modo per riscattarsi dai peccati passati. Chiunque sollevasse dubbi sul fatto di integrare i nuovi arrivati veniva etichettato come razzista, o peggio. L’espressione della frustrazione per il fatto che l’Europa stesse cambiando faccia portò negli anni Ottanta a spiacevoli fenomeni di destra come Jean-Marie Le Pen in Francia o Jörg Haider in Austria. La solidarietà con gli immigrati sembrava la strada nobile da percorrere, e capitava che i sessantottini dessero asilo a quelli minacciati di rimpatrio e guidassero fiaccolate contro il razzismo. Gli olandesi andavano fieri della diversità di Amsterdam, e i progressisti tedeschi abbracciavano i loro vicini turchi. I sessantottini francesi furono tra gli ideatori del gruppo Sos Razzismo, che stampò spillette alla moda sulle quali era scritto 'Giù le mani dal mio amico!'. La legislazione moderata per controllare l’immigrazione non approdò a nulla, grazie soprattutto all’opposizione dei sessantottini. Ma dopo l’11 settembre in Europa l’aria è cambiata, e gli stessi sessantottini si sono divisi. Gli olandesi sono stati bruscamente svegliati dal brutale assassinio del regista Theo van Gogh, nel 2004, per mano di un fanatico musulmano. I tedeschi continuano a ricevere notizie degli omicidi d’onore che coinvolgono famiglie turche residenti in Germania. Nel 2005 le periferie francesi sono state sconvolte dagli scontri guidati dai figli degli immigrati. E i britannici si stanno ancora domandando il senso delle bombe di Londra, messe da terroristi che vi erano cresciuti. Molti sessantottini guardano ancora al problema dell’immigrazione alla luce degli anni Trenta e conservano la loro fede multiculturale nella tolleranza come panacea. Ma ha fatto la sua comparsa un gruppo dissidente, che vuole che i nuovi immigrati si adeguino al programma occidentale, e subito. Consapevoli di avere flirtato con il dispotismo negli anni Sessanta, alcuni importanti intellettuali europei ora si considerano gli unici difensori della libertà contro l’'islamo-fascismo' e i suoi simpatizzanti multiculturalisti. Sono scioccati (comprensibilmente) dalle minacce di morte contro chi critica l’islam come Ayaan Hirsi Ali, la scrittrice fuggita dall’Olanda per rifugiarsi nel conservatore American Enterprise Institute di Washington. Sono scioccati (comprensibilmente) dalla repressione delle donne in molte famiglie immigrate. E sono scioccati (comprensibilmente) dalle minacce alla libertà di espressione da parte di chi si ritiene offeso nella propria sensibilità religiosa. Il problema di tutti questi shock è che li causa un problema che la generazione del Sessantotto ha, in gran parte, contribuito a creare. Una valutazione più sobria e realistica della questione dell’immigrazione, senza fissarsi sul passato europeo, avrebbe aiutato a raddrizzare quelle politiche lassiste che hanno condotto l’Europa in questo stallo. Ma ora in Europa abitano milioni di nuovi immigrati con le loro famiglie, molte delle quali sono musulmane e non condividono le convinzioni culturali e intellettuali moderne. Cosa fare? Un passo avanti ragionevole sarebbe quello di incoraggiare, all’interno della comunità musulmana, figure moderate credibili che incoraggiano la convivenza. Una di queste è il pensatore svizzero Tariq Ramadan, che ha un largo seguito tra i giovani musulmani istruiti che sperano di conciliare i loro convincimenti religiosi con la vita nell’Occidente moderno. Ramadan non è un liberal democratico illuminato, ma il suo messaggio offre motivi teologici per credere che i musulmani possano vivere pacificamente in Occidente senza considerarlo un territorio alieno e ostile [...]. Sono richiami difficili, ma molti più se ne dovranno fare nei prossimi decenni. Gli europei sono in acque inesplorate e per navigarvi avranno bisogno di un forte senso della realtà. Le fantasie sul rimettere in scena drammi del passato non fanno che rendere più difficile il compito. Narcisisticamente concentrati sul proprio significato storico, i sessantottini semplicemente non sono preparati a pensare al futuro dell’Europa. Spetterà a una generazione nuova, più matura. (© 2007, Newsweek, Inc. e, per l’Italia, Avvenire. All rights reserved. Reprinted by permission. Traduzione di Anna Maria Brogi)
MARCELLO VENEZIANI «Incapaci di confrontarsi con la realtà»
Divenuti sessantottenni, i sessantottini non manifestano nessun segnale che possa far sperare in un ravvedimento collettivo: quindi, prima abbandonano le leve del potere, meglio è. Perché la cultura in cui si sono formati, quella dell’immaginazione al potere, è radicalmente incapace di fare i conti con la realtà. Soprattutto quella dei giorni nostri, mutevole e ormai molto distante da quella contro la quale si scendeva in piazza quarant’anni fa. L’analisi dello studioso Marcello Veneziani, che sta per mandare nelle librerie proprio una saggio ad hoc ( Rovesciare il Sessantotto, in uscita il 22 gennaio per Mondadori), non concede ulteriori prove d’appello. Nel suo libro critica il Sessantotto e i sessantottini oggi al potere: in quale direzione? «Parto da una valutazione: il Sessantotto come rivoluzione politica ed economica è fallito, non ha prodotto alcun cambiamento di assetti. Anzi: da allora il capitalismo ha marciato in maniera ancor più inarrestabile. Ha invece avuto effetti devastanti sul piano civile, dalla famiglia alla scuola, alla meritocrazia... E ha prodotto una generazione incapace, come giustamente sottolinea Lilla, di confrontarsi con la realtà: quando l’immaginazione va al potere, si perde la concretezza delle cose». I limiti dell’attuale classe dirigente hanno le proprie radici nella cultura di quell’epoca? «Molti degli atteggiamenti oggi dominanti nel costume velleitario della classe dirigente italiana sono lasciti aberranti del Sessantotto, nel segno di una continuità con quello spirito e con quell’epoca». Eppure il Sessantotto si proponeva una nuova, 'moderna' comprensione della dimensione umana... «Sì, ma un conto è l’attenzione e il rispetto della persona e della cultura altrui; un altro è perdere il senso della realtà e ritenere che tutto diventi intercambiabile, considerando indifferente perfino la propria tradizione culturale e religiosa. La relativizzazione, anziché esaltarla, mortifica l’identità dell’interlocutore. Questo è uno dei limiti della cultura sessantottina: esaltava ombre, non persone vere e concrete. E di solito la generica e astratta solidarietà verso l’umano si accompagna all’intolleranza verso le persone concrete». Potrà mai la generazione figlia del Sessantotto superare i limiti che ha ereditato dal passato, oppure dobbiamo – come suggerisce Lilla – limitarci ad aspettare l’avvento al potere di una nuova generazione? «Temo di sì, perché – salvi i ravvedimenti individuali, che ci sono stati e ci saranno – dopo quarant’anni di servizio è giusto che il Sessantotto vada in pensione, insieme alla cultura che l’ha alimentato. È più facile pensare a un ricambio che a una redenzione collettiva della classe dirigente, nel momento in cui da sessantottini diventano sessantottenni». Edoardo Castagna
1 commento:
ABBIATE RISPETTO PER I VOSTRI CONCITTADINI.
“Agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra.”.
Hans Jonas Il Principio della Responsabilità
È davvero incredibile la confusione che regna nei pensieri e negli atti dei nostri governanti.
La gestione del territorio, il concetto di responsabilità, il rispetto degli impegni presi, controllo, prevenzione e repressione non rientrano affatto negli atti e nella pratica politica amministrativa della politica isolana .
La realtà economica sociale e culturale è veramente drammatica. A nulla valgono i segnali di attenzione e di denuncia provenienti dalla stampa, da radio televisioni, da Istituzioni e Società Civile ( nel corso dell’anno vi sono state diverse interrogazioni parlamentari e diversi servizi su reti televisive nazionali e locali hanno trattato della nostra drammatica realtà).
Ciò che i nostri amministratori locali sono riusciti a partorire: Accuse e discredito di chi con spirito di sacrificio si è assunto l’impegno e l’onere di dare un senso positivo alle denuncie di tutto ciò che testimonia la mala amministrazione, il mancato controllo del territorio e l’inquinamento politico-mafioso della pubblica amministrazione (vedi la pubblica dichiarazione della moglie di Maiorana in televisione che denunciava una forte presenza mafiosa sul nostro territorio)
Se passiamo in rassegna ed analizziamo la duratura e palese “crisi politica in cui versa il Comune di Isola delle Femmine”, non possiamo fare a meno di manifestare una forte preoccupazione per i risvolti negativi che essa produce sull’intera cittadinanza accentuandone la sua già precaria situazione sociale ed economica.
I giochi della bassa politica locale, che nei suoi comportamenti si contrappone solo ed unicamente per celebrare un rituale trito e ritrito a danno di noi Cittadini inermi, manifesta la sua azione nella PURA E SEMPLICE GESTIONE DEL POTERE PER FINI STRETTAMENTE PERSONALE, di vecchia e collaudata tradizione.
Bisogna avere la capacità di mettersi in gioco per raccogliere adesione alle proprie idee, la capacità di assumersi la responsabilità di rischiare la propria faccia per svolgere bene e sino in fondo il mandato ricevuto e per cui ci si è proposti.
Fa un certo effetto, per limitarci ai nostri giorni, constatare come a distanza di circa QUATTRO ANNI di Amministrazione, si deve passivamente subire l’onta di una TOTALE INCAPACITA’ di dare risposte alle attese dei CITTADINI ISOLANI. Non bastano i drammi causati e determinati da certe ingerenze speculative che aggrediscono il nostro territorio o quelli derivanti dal qualunquismo imperante; non sono sufficienti neppure i tristi segnali d’allarme sociale che sono quotidianamente posti sotto gli occhi dei politicanti locali; il perdurare dell’alto tasso di disoccupazione che si aggrava quotidianamente nelle fasce giovanili. Tutto questo, non scuote minimamente il degrado istituzionale dentro e fuori il palazzo del potere.
Siamo ben consci che l’istituzione COMUNE è in crisi, ma nessuno (maggioranza, minoranza, destra, sinistra centro, sindaco assessore consigliere….) si guarda bene dal fare la prima mossa sulle responsabilità di detta crisi, anzi vi è l’aggravante che nessuno dei politicanti locali, accenni alla più misera analisi o sia in grado di dare uno straccio di prospettiva di futuro.
C’è veramente da restare indignati (che sarebbe poca cosa). Da semplici cittadini ci sentiamo di esprimere a gran voce il dissenso per quest’atto di menefreghismo politico, che si sostanzia nelle beghe d’infimo profilo, determinate dal riemergere di tutte le contraddizioni mai sopite. Con tutta la nostra ingenuità, oggi possiamo confessare a gran voce che probabilmente la “scissione” (farsa) a fini elettorali del 2004, determinatasi nell’allora maggioranza imperante per tornaconto di potere e che ha determinato la formazione di due aggregazioni (forse figli di una stessa medaglia, della cui partenità i cittadini di Isola non hanno alcun dubbio), sono risultate essere due “aggregazioni” che prima hanno governato Isola e oggi continuano a non governare.
Certo! In consiglio Comunale sentiamo parlare di codici etici, di lotta alla mafia, di legalità di sicurezza sociale, pochissimo d’inquinamento ambientale, - che ha deturpando le nostre bellezze naturali, creato una situazione sanitaria molto molto preoccupante, ha inibito qualsiasi possibilità di sviluppo turistico del nostro paese, si parla poco anzi si tende a nascondere l’aggressione selvaggia del territorio che rasenta il limite della legalità, con il PRG in itinere. Alla fine il dato è che, i programmi e i falsi rinnovati propositi di rilancio dell’economia locale, sono carta straccia. All’incapacità di gestione dell’ordinaria amministrazione, alle prosciugate casse comunali - per via di una politica fatta di spese improduttive e clientelari del passato e del presente, si rileva che le aggregazioni consiliari – prima e dopo i ribaltoni di maggioranza/minoranza o minoranza/maggioranza – sono incapaci di onorare gli impegni presi con i programmi scritti e ribaditi nel corso della campagna elettorale del 2004.
Affinché non passi inosservato ai Cittadini: vogliamo portare un semplice esempio d’incapacità. Dopo tante diatribe picche e ripicche, il CONSIGLIO COMUNALE NELLA SUA INTEREZZA NON E’ STATO IN GRADO DI INTITOLARE UNA PIAZZA DEL NOSTRO PAESE A PAPA PAOLO GIOVANNI II.
Come emblematica è risultata essere la posizione dell’esecutivo rispetto alla questione Italcementi. Nel nostro comunicato per il Consiglio Comunale del 18 Gennaio, Vi avevamo chiesto un atto di coraggio, di capacità di pronunciamento e di decisione, invece ancora una volta i Cittadini di Isola hanno verificato il ruolo di supremazia esercitato dalla Italcementi nei confronti della Pubblica Amministrazione. Un esempio………
L’ordine del giorno firmato dal Presidente del Consiglio “Presentazione progetto della Italcementi S.p.a. nuova tecnologia per la produzione del cemento” Viene stravolto ed in maniera magistrale il nostro Comandante Italcementi, come prima diapositiva presenta ad un affollatissimo e “fedelissimo( per necessità)” pubblico il “PROGETTO DI AMPLIAMENTO DELLA ITALCEMENTI DI ISOLA DELLE FEMMINE”
La costruzione di una torre alta 100 metri circa. Nessun Consigliere, Assessore, Presidente del Consiglio Sindaco Politici o sindacalisti presenti, si è preoccupato di porre, all’egregio dirigente della Italcementi, domande riguardanti dei probabili danni ambientali che forse hanno avuto gravi conseguenze sulla salute dei Cittadini di Isola delle Femmine e dei cittadini dei paesi a noi vicini, provocati dall’attività produttiva della Italcementi.
E’ mancata forse una domanda molto semplice: “Quali vantaggi per Isola e i suoi concittadini la costruzione di questo scempio, che ha il sapore di un insulto al nostro paesaggio e una rinuncia definitiva ad una migliore qualità della vita?”
La notizia del Sindaco che dichiara che dai dati in suo possesso a Isola vi è una situazione Ambientale alquanto preoccupante (Unione dei Comuni 23.1.07). Ci chiediamo il Sindaco come responsabile della salute pubblica , quale atto ha prodotto? Volete saperlo? ZERO! Si! Avete capito bene ZERO.
Quindi il Sindaco di Isola delle Femmine: È inadempiente!
Se al programma si dà una valenza politica, esso deve essere oggetto di guida per tutta la consiliatura, altrimenti, è una presa per i fondelli per i cittadini elettori.
Riteniamo ormai, che è arrivato il tempo che l’AMMINISTRAZIONE COMUNALE (nella sua interezza) affronti seriamente e senza indugi le tante emergenze e problematiche che attanagliano Isola delle Femmine per rilanciare il suo futuro, con senso di responsabilità e rispetto verso i cittadini.
Ad Oggi, è stato fatto, e/o programmato organicamente ma, soltanto, qualche sporadica iniziativa inconcludente e senza il pieno e duraturo coinvolgimento, o meglio, la compartecipazione della cittadinanza.
Con l’aria che tira e con i tempi lunghi delle inutili strategie tattiche in consiglio comunale del tipo “io ti faccio una ripicca a te ed io ne rifaccio un’altra a te” e fino alla fine della consiliatura, possiamo ipotizzare che non ci sarà una svolta urgente a quest’andazzo d’infima azione politica; anzi, avremo il NULLA fino alla fine della consiliatura, i problemi che attanagliano i Cittadini Isolani continueranno a rimanere irrisolti, con l’aggravante di degrado socio economico del tessuto sociale della nostra Comunità.
D'altronde cosa possiamo aspettarci da un’Amministrazione che in sede di formulazione di bilancio, lascia al Consiglio Comunale una disponibilità di intervento pari al 4 o 5% e nonostante ciò si mette in uno stato di inadempienza il Comune, circa i termini di presentazione del bilancio (prot 1970 nomina del commissario ad Acta).
Per quanto riguarda il Piano Regolatore Generale anche qui il Consiglio Comunale sotto la scure dei tempi ristretti (vedasi la comunicazione dell’Assessorato fissava in 30 giorni i tempi di approvazione).Come lo è stato l’approvazione dello Statuto dell’Unione dei Comuni (tenuto per diversi mesi nel cassetto).
Non sono che alcuni esempi. E’ ormai prassi consolidata che gli atti vengono prodotti sempre sotto sollecitazioni o diffide della Regione. Oltre all’incapacità di gestire i lavori del Consiglio Comunale si stà sempre più spogliando di quelle che sono le funzioni ed il ruolo che i Consiglieri Comunali hanno nell’esercizio della loro attività..
Pensiamo sia giunta l’ora che maggioranza, minoranza, giunta, sindaco, esecutivo si guardino negli occhi e si interroghino circa il futuro che si vuole riservare alla nostra cittadina..
Esprimiamo preoccupazione e sgomento per la constatata incapacità delle locali compagini politiche che, da anni, si aggrappano a mezzi e mezzucci in beghe d’infima lega e tradendo gli eletti per il mandato ricevuto: AMMINISTRARE NEL SOLO INTERESSE DEGLI ISOLANI.
Cittadini! Se non agiamo e subito, rischiamo di essere coperti da una coltre di polveri fini pesanti, PM 10 25 5, metalli, diossine, IPA, vanadio, nichel………….., ed il nostro destino sarà quello di subire, gli effetti cancerogeni delle emissioni gassose di certi politici, senza che il servizio 3 possa più intervenire.
Pensiamo sia obbligo per i cittadini di Isola delle Femmine ed anche dell’opinione pubblica, pretendere l’urgente ripresa di una seria iniziativa politica qui ad Isola da parte dell’Amministrazione comunale tutta, per rimediare alla grave situazione di degrado politico-amministrativo venutasi a creare: IN CASO CONTRARIO. Per un RISPETTO CHE VOI TUTTI AVETE NEI CONFRONTI DEI CITTADINI DI ISOLA delle FEMMINE:
ANDATEVENE A CASA TUTTI!
Comitato Cittadino Isola Pulita
Legambiente Sezione di Palermo e
Referente a Isola delle Femmine
Coordinamento Comitati Cittadini Siciliani
http://www.isolapulita.it
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