giovedì 27 dicembre 2007

...quel genio artistico del popolo...

Nel 1977 viene trasmesso sulla Rete Uno uno sceneggiato televisivo ispirato alla vita di uno dei più noti e, nello stesso tempo, strani pittori naif italiani: Antonio Ligabue. Se rapportiamo la durata di sole tre puntate di questa trasposizione televisiva alle durate esagerate delle attuali fiction la cosa ci farà sicuramente sorridere: pur tuttavia questo sceneggiato è rimasto impresso nella memoria di milioni di telespettatori per una lunga serie di motivi. Gran parte del successo di questo sceneggiato fu dovuto sicuramente alla magistrale interpretazione del trentenne Flavio Bucci che, appoggiandosi all'ottima sceneggiatura di Cesare Zavattini (emiliano come il pittore protagonista dello sceneggiato) e di Arnaldo Bagnasco e alla regia di Salvatore Nocita, ci restituisce un'immagine e un ritratto di Ligabue che difficilmente si può dimenticare. Chi era Antonio Ligabue? Antonio Laccabue (1899-1965), detto Toni Ligabue, era soprannominato "ul matt" o "ul tedesch" per le sue origini svizzere. Giunse in Emilia Romagna dopo una vita errabonda e piena di stenti ed ebbe frequenti problemi nei rapporti con la società cosiddetta normale: i soggetti tipici dei suoi quadri sono la dimostrazione lampante che per lui era molto più naturale il rapporto con la natura e con gli animali. La rappresentazione televisiva della vita di Toni Ligabue si divide fra il capanno in riva al fiume in cui trascorre buona parte delle giornate dipingendo i suoi splendidi e coloratissimi quadri e il centro del paese di Gualtieri dove irrompe frequentemente a bordo della sua sgangherata motocicletta. Flavio Bucci riesce perfettamente a rappresentare lo sguardo ipnotico e la violenza dello stile pittorico di Ligabue nella creazione dei suoi quadri: come dimenticare le scene in cui il grande attore ritrae la gallina rifacendone perfettamente le movenze? E quella in cui osserva minuziosamente la tigre dietro le sbarre della gabbia per poi dipingerla furiosamente sulla tela? Completa il quadro dei ricordi televisivi una diffusa malinconia e tristezza che permea questo sceneggiato e che riesce a rappresentare molto bene la vita e la storia di questo singolare pittore. Al " Festival des Films du Monde " di Montreal il film tratto dallo sceneggiato televisivo vinse meritatamente il Grand Prix des Amériques come migliore opera in assoluto e Flavio Bucci vinse il premio riservato al migliore attore protagonista. La messa in onda di questo sceneggiato è l'ennesima dimostrazione, ove mai ve ne fosse ancora bisogno, che basta un'ottima storia e un grande attore per bucare lo schermo e lasciare una traccia indelebile nei ricordi dei telespettatori.

Ligabue: genio e follia
a cura di Sonia Gallesio

Nella valutazione di molti non c’è dubbio che Ligabue abbia incarnato quel genio artistico del popolo, meglio ancora il genio contadino, che il gusto romantico aveva riabilitato e idolatrato, un genio che nella sua assoluta istintività, nella sua arcaica complicità con la natura, è in grado di inserirsi a pieno titolo nell’arte contemporanea, proponendo un linguaggio figurativo che parla di cose semplici a persone altrettanto semplici. [Vittorio Sgarbi, testo critico dal catalogo Electa] Tristemente noto per via di un’esistenza afflitta da strazianti circostanze, Antonio Ligabue fu costretto fin dai primi anni di vita ad affrontare incresciosi accadimenti e a conoscere disagio ed emarginazione. Ignaro dell’identità del padre, venne adottato da una famiglia svizzera per poi passare da un collegio per ragazzi handicappati ad una clinica psichiatrica. Dopo l’espulsione dallo stato che lo aveva accolto, si ritrovò a vivere in Italia da vagabondo – tra stenti e miseria. Nonostante le dolorose vicissitudini, Ligabue continuò a dipingere e a creare piccole sculture con l’argilla e proprio grazie alle sua perseveranza fu presto notato. Per merito dell’attivo contributo di Marino Mazzacurati e di Cesare Zavattini, la sua opera venne via via apprezzata da critica e pubblico, fino al raggiungimento di una fama più che discreta. L’inquietudine, lo smarrimento e la follia caratterizzarono in modo incisivo il cammino di Ligabue: dallo stato mentale dissociato, si racconta che dipingesse spesso in riva al Po e che di frequente si abbandonasse a strane danze, mimando i movimenti degli animali ed emettendo versi e urla, agitandosi nel fango ed imbrattandosi dei colori con i quali lavorava. Quasi possiamo immaginarlo mentre plasmava le sue opere con foga, ardore, slancio. L’arte di Ligabue, per sempre viva, è selvatica e selvaggia: ha il sapore della terra, del sangue, del coraggio. Le composizioni alle quali diede origine sono aggressive ma non stridenti, tumultuose e tuttavia in equilibrio. La sua pittura – istintiva, passionale, irruente – riporta in superficie un vecchio quesito irrisolto: qual è, in realtà, il limite tra genialità e pazzia?

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