mercoledì 20 febbraio 2008

La grande fuga dal Meridione.

di Maddalena Di Maio
La fuga di capitale umano dall’Italia non solo è una vicenda plateale ma complessa. Quando si parla di capitale umano in fuga ci si riferisce spesso, e con ragione ai giovani desiderosi di applicarsi nella ricerca che non trovano opportunità di alcun tipo in Italia, purtroppo il fenomeno non riguarda solo il livello più alto delle nostre intelligenze nazionali ma ahinoi si tratta di un fenomeno che abbraccia gran parte della società civile, e dico civile, del meridione d’Italia. Sono i figli e le figlie di quella terra, che hanno studiato, spesso facendo sacrifici o facendoli sopportare ai genitori che, pur di vedere quei figli emancipati in un mondo migliore si sono sottoposti ad una qualità di vita molto “ristretta”. Ma, a fronte di ogni aspettativa andata delusa, bisogna aggiungere il disinteresse delle classi governative per la ripresa violenta, del ritorno dell’emigrazione verso il nord d’Italia da parte del sud. Un fenomeno cominciato alla chetichella ed esploso negli ultimi anni. Un fenomeno che ancora più grave di quello descritto, perché i dati ISTAT si riferiscono ai trasferimenti di residenza. Ma in realtà il trasferimento di residenza di un meridionale al nord avviene solo nel momento in cui la sua posizione ha raggiunto una qualche stabilità, ergo trascorrono 4/5 anni prima che un meridionale decida di trasferire, oltre che sé stesso, anche la propria residenza. Dunque i dati ISTAT, vanno riconsiderati al rialzo. Ma, come dicevo, la gravità della vicenda è legata al disinteresse generale del Paese per questa piaga che impoverisce il sud di risorse e regala al Paese intero cittadini depressi, scontenti poco inclini a credere nelle istituzioni. Un peccato mortale se si considera che questi cittadini se non possono essere definiti come “le intelligenze del nostro Paese” di sicuro sono l’humus migliore che viene abbandonato e buttato via. Si tratta di quelle persone che rifiutano la logica dell’assistenza e dell’accontentarsi che c’è al sud, che potrebbero dare ai paesi e alle città del sud una cittadinanza migliore ed attiva che, solo per esempio, riconosce l’importanza del risparmio energetico e della raccolta differenziata, che crede nell’azione del singolo per il miglioramento di tutti e che, se non è classe dirigente diffusa sicuramente è quella classe lavoratrice che ogni buon dirigente vorrebbe avere. E’ gente piena di dignità che piuttosto che subire i ricatti di ogni tipo decide di “abbandonare il campo” e trasferirsi al nord. Ma non si tratta solo di diplomati e laureati, spesso è gente ancora più umile, dal punto di vista culturale che svolge lavori pesanti e che preferisce fare mille chilometri piuttosto che “stare sotto padrone”, un padrone che a sud non sempre ti paga e quanto lo fa usa una busta-paga completamente contraffatta, con il silenzio assenso di tutto il consorzio cosiddetto civile, organizzazioni sindacali in testa. Si tratta di persone che piuttosto che perdere la loro dignità decidono di emigrare. Ma non è più come alla fine della guerra, adesso si parte in silenzio, tra l’indifferenza della società e dello Stato. Senza aiuto e senza solidarietà.
Questa emorragia è grave quanto quella della fuga dei cervelli dall’Italia. Dal sud, possiamo dire, c’è un fuggi fuggi generalizzato che lascia lì i vecchi, i bambini i peggiori e pochi eroi ed espelle tutto il resto.
La distanza del Paese da questo problema è tale che basta fare un unico esempio per dimostrare quanta insipienza, ignoranza e indifferenza c’è nei confronti di tanti, troppi giovani italiani. L’esempio è quello della gestione scandalosa dei treni che viaggiano tra il sud e il nord del Paese. Uno scandalo alla luce del sole di cui nemmeno i media hanno preso bene coscienza. A fronte di investimenti plurimilionari degli ultimi anni, fatti a sostegno dello sviluppo dei corridoi europei e dell’alta velocità, niente è stato previsto ed è previsto per migliorare la qualità del servizio di quei treni che portano gli emigranti, erroneamente definiti pendolari, dal sud verso il nord. Si tratta di treni espressi, quelli che costano poco per intenderci e che sono sempre di meno e che viaggiano di notte, Eh sì perché se c’è una cosa pendolare di questa emigrazione è l’insistenza degli emigranti a non voler perdere i legami con la propria terra e così si sobbarcano lunghissimi viaggi notturni al fine settimana per poter tornare 36 ore a “casa loro”. Treni sporchi, stracolmi, a rischio perenne di tragedia, dove le intellighenzie e i dirigenti non viaggerebbero ma per un altro bel pezzo di umanità è una scelta obbligata. La vicenda del blocco della stazione Tiburtina a Roma da parte dei tanti che rifiutavano di pagare il prezzo del biglietto per intero dopo la fine della concessione, non più rinnovata, tra la regione Campania e la società dei treni che concedeva un abbonamento ai migranti nostrani è l’effetto del disinteresse, dell’ignoranza, della leggerezza con cui questo Stato abbandona i suoi figli e li spinge nelle braccia del qualunquismo, dell’antipolitica, dell’individualismo sfrenato, nel disincanto più totale. Penso che i mille servano anche a questo, a far aprire gli occhi, a porre questioni, ad allargare il fronte della conoscenza, a smuovere coscienze e soprattutto ad aggregare persone. E’ per questo che oggi i Mille si rivolgono ai giovani migranti meridionali, affinché insieme riescano a porre all’attenzione del nascente partito democratico sulla questione meridionale. Aggreghiamoci e non stanchiamoci di parlare, di proporre e di partecipare . Le cose cambiano.

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