martedì 18 marzo 2008

I nuovi poveri: donne e stranieri.

Sempre più emarginati, anche gli anziani e chi ha perso il lavoro.
Don Virginio Colmegna: "La povertà peggiore è la conseguenza della solitudine e dell´abbandono" Indagine della Caritas.
Tra gli immigrati soffrono anche i giovani tra i 18 e i 35 anni che hanno un titolo di studio
ZITA DAZZI
Poveri e non sempre belli. Molte donne, ucraine, affaticate e malinconiche per i figli lasciati in patria. Molti anziani, italiani, rimasti senza lavoro e spesso anche senza famiglia, con problemi di alcol e di depressione. E accanto a loro, un esercito di giovani uomini arrivati dal Terzo mondo, con un inutile diploma di scuola superiore in tasca, alla ricerca disperata di un´occupazione, anche in nero, disposti ad accamparsi in qualche modo in dieci per stanza, pagando cifre esorbitanti per l´affitto. Sono alcuni degli identikit dei poveri che abitano nelle province di Milano, Lecco e Varese, il territorio della Diocesi, ambito sul quale la Caritas Ambrosiana ha studiato per realizzare il suo primo «Rapporto sulle povertà». Uno studio di 160 pagine appena pubblicato con le edizioni Oltre, che contiene l´analisi dei 12.757 questionari elaborati nel corso di 30.625 colloqui con gente bisognosa che nel corso del 2001 si è rivolta ai centri d´ascolto nelle parrocchie. È la prima indagine di queste dimensioni sui bisogni delle fasce deboli nel territorio milanese. Le sorprese sono molte. L´EMARGINATO TIPO. Donna, straniera, di età compresa fra 18 e 35 anni, coniugata, con livello di scolarità medio-alto, in cerca di lavoro e priva di reddito sufficiente a soddisfare le normali esigenze. Sono queste le caratteristiche prevalenti fra le oltre 12.000 persone che hanno chiesto aiuto ai centri d´ascolto. Il 64,3 per cento delle schede elaborate racconta storie di donne, mentre il campione di uomini arriva al 35,7 per cento. Inoltre il 70 per cento delle richieste è arrivato da stranieri, mentre il 30 per cento da cittadini italiani. IL BOOM DELL´ECUADOR. Le cinque nazioni più rappresentate fra i poveri che hanno chiesto aiuto alla Chiesa sono Ecuador (31,6 per cento), Perù (17,7 per cento), Marocco /,7 per cento) Albania (5,1 per cento), Ucraina (4,5 per cento). Percentuali che non corrispondono per nulla a quelle ufficiali degli stranieri residenti e delle comunità più numerose, statistiche che mettono al primo posto filippini, egiziani, cinesi, peruvani e srylankesi. Nell´indagine Caritas trovano riscontro infatti i problemi dei clandestini, che rappresentano il 56 per cento degli immigrati censiti in questo studio, una realtà in continuo cambiamento. E così da questi dati emerge il fenomeno nuovo dell´arrivo in massa degli ecuadoregni, che sono aumentati dell´81,6 per cento nel corso del 2000. Fra gli stranieri in regola prevalgono i permessi di soggiorno per motivi di lavoro (il 28 per cento) e quelli per motivi di famiglia (8 per cento). POVERI ITALIANI. Il 90 per cento dei poveri avanti con gli anni che si sono rivolti alla Curia è costituito da italiani, confermando le più recenti analisi sociologiche che raccontano la terza età come quella più a rischio di disagio, di emarginazione, di esclusione dal circuito degli affetti e del lavoro. Fra gli ultrasessantenni prevalgono i vedovi (45 per cento), ma una buona quota è quella dei coniugati (28,2 per cento). Anche in questo caso le donne sembrano essere «le più esposte al rischio di povertà per l´intreccio di processi di diseguaglianza, la dipendenza economica in combinazione con la fragilità del legame matrimoniale», ha spiegato una delle curatrici, la sociologa Meri Salati. I BISOGNI PRIMARI. I 12.757 poveri hanno fatto presente ai centri d´ascolto 70.785 richieste. Sia tra gli italiani che tra gli immigrati il problema cardine è quello del lavoro (65 per cento fra gli stranieri, 38 per cento fra gli italiani), dal quale discendono a catena la questione della casa e dei mezzi economici per comperare il necessario per vivere. Gli stranieri sottolineano meno degli italiani la questione abitativa, per il semplice fatto che sono rassegnati ad adattarsi a qualsiasi condizione, a vivere in tuguri o anche per strada. LE NUOVE POVERTÀ. Le vecchie povertà sono quelle connesse ai bisogni materiali (reddito, casa, lavoro) che oggi colpiscono in maniera più dura gli stranieri clandestini, mentre le nuove povertà sono quelle forme di indigenza che non hanno come parametro la disponibilità di risorse economiche, ma la qualità della vita: è la povertà che oggi affligge soprattutto gli italiani, che vivono disagi e forme di esclusione protratte nel tempo, legate ai maltrattamenti, ai problemi psicologici, alle forme di depressione. Don Virginio Colmegna, direttore della Caritas Ambrosiana, a questo proposito sottolinea l´«esigenza di servizi sociali distribuiti sul territorio, capaci di ascoltare e supportare le vulnerabilità più complesse, le povertà estreme che hanno l´aspetto esteriore della normalità e che nascondono malattie gravi, sofferenza psichica, solitudine, abbandono».

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